Stella Jean: tra colori e atmosfere di viaggio, punto su di lei
Foto: marieclaire.it |
In un momento di forti cambiamenti come questo (la parola crisi mi ha un po' stufato), credo sia fondamentale puntare sul rinnovamento, promuovere la creatività e soprattutto avere fiducia nelle nuove leve. Ed è strano dover parlare di Stella Jean come di una giovane emergente, considerato che questa ragazza di strada ne ha già fatta parecchia e riceve costantemente apprezzamenti dalle personalità della moda più influenti, ma ha esordito quest'anno nella settimana delle sfilate milanesi e il suo ingresso non poteva essere migliore. Ospite di Giorgio Armani (che a fine spettacolo ha ringraziato con una t-shirt che recitava "grazie Mr. Armani"), la stilista italo-haitiana ha portato sul palco un coloratissimo melting pot di culture, tradizioni e ispirazioni che ha stregato gli ospiti e ricevuto numerosi consensi, anche e soprattutto per la collaborazione con la Ethical Fashion Initiative promossa dall’International Trade Center dell’Onu per l'utilizzo di tessuti fatti a mano dalle donne del Burkina Faso.
La sfilata di Stella Jean diventa così un viaggio ricco di splendidi contrasti stridenti; mai come in questo caso l'aggettivo "etnico", spesso usato e abusato, ha ragione di esistere, per le ispirazioni africane e latinoamericane unite all'artigianalità della produzione tipicamente italiana. I colori e i tessuti ricordano paesi lontani e assolati, mentre i capi proposti si ispirano ai percorsi vacanzieri degli anni ’60, in giro tra la Costa Azzurra e la costiera italiana, in Lambretta, abbracciati al proprio uomo o in auto, con le gonne altezza ginocchio e tra i capelli splendidi foulard accarezzati dal vento. Tradizione e innovazione per un viaggio soprattutto del cuore, fatto di incontri e racconti alla riscoperta di patrimoni culturali apparentemente così diversi, ma perfettamente combinabili su una scena urbana contemporanea come la nostra.
La sfilata di Stella Jean diventa così un viaggio ricco di splendidi contrasti stridenti; mai come in questo caso l'aggettivo "etnico", spesso usato e abusato, ha ragione di esistere, per le ispirazioni africane e latinoamericane unite all'artigianalità della produzione tipicamente italiana. I colori e i tessuti ricordano paesi lontani e assolati, mentre i capi proposti si ispirano ai percorsi vacanzieri degli anni ’60, in giro tra la Costa Azzurra e la costiera italiana, in Lambretta, abbracciati al proprio uomo o in auto, con le gonne altezza ginocchio e tra i capelli splendidi foulard accarezzati dal vento. Tradizione e innovazione per un viaggio soprattutto del cuore, fatto di incontri e racconti alla riscoperta di patrimoni culturali apparentemente così diversi, ma perfettamente combinabili su una scena urbana contemporanea come la nostra.
Grande protagonista di questa collezione è il colore: combinato e trasformato in righe e stampe dalle fantasie accese e decorazioni luccicanti. Abbinato al tessuto wax, simbolo dell'Africa, viene utilizzato per capi e bandane e fa capolino tra le camicie Guayabera cubane, abbottonate o aperte per lasciare intravedere crop top, unite a gonne a ruota, pantaloni pattern dal taglio maschile, shorts o pencil skirt di ispirazione retrò. E' un continuo rimando al parallelismo tra il guardaroba maschile e quello femminile, dove blazer rigati di ispirazione legata ai college britannici, vengono posati su vestiti iperfemminili e raffinati, e décolleté si alternano a mocassini in wax e gros-grain a contrasto.
E poi ci sono i dettagli, che fanno la differenza: cinture alte con grandi pendenti dorati a forma di animali, maxi bijoux anni ’50 dai tratti giocosi ma sempre raffinati, bandane e foulard, annodati tra i capelli insieme a fiori, avvolti come turbanti in wax o in pizzo sangallo o utilizzati con cappelli di foggia maschile e occhiali rotondi.
Pochi giri di parole, sono di parte: per me a Milano vince Stella Jean.
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